8° seminario Il tempo e il futuro del liberalismo prof. Raimondo Cubeddu - Università degli Studi di Pisa 22 marzo 2012 - Università Magna Graecia di Catanzaro
Le tesi che si intende sostenere è: 1) che il futuro del Liberalismo classico non è legato alla sua capacità di dimostrare che quella 'liberale' sia “la società buona” secondo parametri etici, ma alla sua capacità di ridurre il lasso temporale tra la violazione dei Diritti naturali e la sua sanzione giuridica o politica; 2) che l’averne delegato la tutela in monopolio perpetuo allo Stato è all’origine non soltanto dell'inefficienza con cui vengono effettivamente tutelati, ma anche della loro progressiva compressione a favore dell'incremento del potere statale; 3) che qualora il Liberalismo non dovesse riuscire ad adempiere tale compito la prospettiva non è la resa ad una forma di democrazia, bensì, sempre che si mantengano centrali i Diritti naturali, ad una forma, quasi tutta da elaborare, di Libertarianism che finalmente affronti la questione del ruolo dell'incertezza nella condizione umana. Tuttavia, probabilmente, il fatto che quei beni pubblici che giustificavano lo Stato possano ora essere prodotti da un mercato concorrenziale, non risolve il problema. Se i teorici dello “Stato minimo” della seconda metà del XX secolo lo avevano pensato come un'attualizzata razionalizzazione del mitico Stato liberale ottocentesco, ora bisogna ripensare quell’istituzione alla luce del nostro tempo e di quel che è possibile nell’età dell’innovazione.
Per rendersi conto di quanto la situazione sia cambiata basti pensare che interi settori di cosiddetti beni pubblici, come l’educazione, la salute, la previdenza, la moneta, etc. si stanno affrancando dalla dimensione della produzione statuale, mentre quelli che rimangono di sua competenza, ad esempio l’amministrazione della giustizia e la produzione normativa, vivono uno stato di profonda afasia. Senza poi dire delle difficoltà che la legislazione incontra nel suo tentativo di produrre princìpi e regole nell’ambito delle problematiche “eticamente sensibili” e in quello, apparentemente così diverso, dei mercati internazionali. Fenomeni difficilmente controllabili soprattutto a cagione della diversità di conoscenza che intercorre tra i produttori di novità (scientifico-tecnologiche, comportamentali, finanziarie, etc.) e coloro i quali vorrebbero “regolarli” e “governarli” (politici eletti, ecclesiastici e tecnici indipendenti dalla politica).
Ma se il problema, in generale, rimane quello di scongiurare l’avvento di uno “Stato universale omogeneo”, quello che si staglia all'orizzonte del Liberalismo consiste allora nel prendere atto che si sta passando da un'età della scoperta a quella di un'innovazione continua e non ergodica in cui le regolarità, sulle quali si basava la sua teoria dell'azione umana in condizione di scarsità, hanno minor peso dell'emergere di “circostanze nuove”. E nella logica dell'innovazione, dato che la scoperta delle regolarità è soltanto una parte della conoscenza, non interessa tanto se una teoria sia vera, quanto quali conseguenze potrà avere. Forse non si dovrebbe neanche parlare di teorie, bensì di congetture concernenti le possibili conseguenze di innovazioni. Tutto ciò, qualora non sia possibile fare a meno della politica, e, giova ripeterlo, si intenda mantenere la centralità dei Diritti naturali, finisce per produrre nuove dinamiche tra diritti ed aspettative da una parte, e di distribuzione delle conseguenze individuali e sociali delle innovazioni dall'altra. Ci si muoverà, di conseguenza, entro un orizzonte problematico che prende atto dalla crescente incapacità della politica di accelerare e di dirigere i processi sociali verso una specifica direzione ritenuta se non altro auspicabile, e del fatto che l'incertezza non può essere eliminata né dalla politica, né dal mercato e neanche dall'incremento della conoscenza. Ma soltanto, e provvisoriamente, ridotta.
Il prof. Raimondo Cubeddu è ordinario di Filosofia Politica al Dipartimento di Filosofia dell’Università di Pisa. Nella sua attività di ricerca si è occupato di Karl R. Popper, di Leo Strauss, della tradizione politica liberale e in particolare della Scuola Austriaca (Carl Menger, Ludwig von Mises, Friedrich A. von Hayek), di teoria delle istituzioni, di filosofia delle scienze sociali e delle dottrine del diritto naturale.
Tra le sue pubblicazioni recenti: Margini del liberalismo, 2003, Legge naturale o diritti naturali? Alcune questioni di filosofia politica liberale, 2004, Le istituzioni e la libertà, 2007, Tra le righe. Leo Strauss su Cristianesimo e Liberalismo, 2010, Leo Strauss sobre Cristianismo, Liberalismo y Economía, 2011, La Chiesa e i Liberalismi, 2012.
Il 26 agosto 2011, a Roccelletta di Borgia (CZ), ha ricevuto il Premio Internazionale Liber@mente.