7° seminario La mentalità anticapitalistica prof. Luciano Pellicani - Luiss Guido Carli - Roma 16 marzo 2012 - Università Magna Graecia di Catanzaro
La civiltà moderna è stata - e continua a essere - animata dallo spirito capitalistico, ma anche dal suo acerrimo nemico: lo spirito anticapitalistico. In effetti, lo spirito anticapitalistico è come un’ombra del capitalismo: si manifesta sotto diverse sembianze, non appena sulla scena sociale appaiono gli adoratori di Mammona.
E diventa una vera e propria mentalità anticapitalistica, che è l’atteggiamento tipico di quella categoria di risentiti, che sono incapaci di misurarsi con le sfide del mercato e che aspirano a una “sistemazione” sociale strappata al di fuori della competizione, e una volta per tutte. La mentalità anticapitalistica è il trionfo della nostalgia di una collocazione in “nicchie ecologiche” protette, sottratte alla concorrenza. È la richiesta di privilegi che costituiscono una privazione esistenziale per coloro ai quali è impedito di competere e che sono l’esorbitante costo che la soscietà è costretta a pagare, per avere in cambio poco, nulla o un danno.
La “società aperta” è il rifiuto di tutto ciò. La competizione istituzionalizza il mutamento, modifica permanentemente la frontiera fra possibile e impossibile, se si pone come un inarrestabile “procedimento di scoperta”. Come dire: gli uomini che alla lunga prevalgono sono quelli che meglio riescono a fare i conti con l’incertezza che è insita nel mutamento istituzionalizzato. Sono gli individuiu che più si confrontano con la preoccupazione, col futuro. Formulano un progetto, e se ne assumono per intero la responsabilità; cercano di dominare la “circostanza”.
La società aperta è impossibile senza la logica competitiva. Senza mercato non c’è società aperta. Il risentimento contro il mercato è il risentimento contro la civiltà.
D’altra parte, la bancarotta planetaria del collettivismo economico - centrato sul piano unico di produzione e di distribuzione - costringe a giungere alla conclusione che il capitalismo non ha alternative: è l’unico modi di produzione in grado di far lievitare la ricchezza delle nazioni.
È un gioco a somma positiva: se lo si distrugge - come hanno fatto i partiti comunisti al potere - si condannano alla miseria più atroce le masse lavoratrici.
Il prof. Luciano Pellicani si è laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Roma nel 1964. Nel 1971 ha conseguito la libera docenza in Sociologia politica e nel 1981 ha vinto la cattedra della stessa materia. Dopo la laurea si è recato in Spagna, dove ha studiato l'opera e il pensiero di José Ortega y Gasset, per poi proseguire gli studi sociologici in Francia. Ha insegnato presso l’Università di Urbino e presso l’Università di Napoli. Nel 1984 è stato chiamato dalla Facoltà di Scienze Politiche della Luiss “Guido Carli” di Roma a ricoprire la cattedra di Sociologia politica. È Direttore della Scuola Superiore di Giornalismo della medesima Università. È Presidente del Centro Gino Germani e Direttore delle riviste “MondoOperaio” e “Modernizzazione e Sviluppo”. è autore di numerose pubblicazioni, alcuni dei quali sono stati tradotti in varie lingue, tra i quali La genesi del capitalismo e le origini della modernità (Marco Editore) , Anatomia dell'anticapitalismo (Rubbettino), Dalla società chiusa alla società aperta (Rubbettino), Rivoluzione e totalitarismo (Marco Editore), Jihad (Luiss University Press).