9° seminario La politica urbanistica del liberalismo prof. Giuseppina Gianfreda - Università della Tuscia di Viterbo 28 marzo 2014 - Università degli Studi "Magna Graecia" di Catanzaro
All’indomani dell’Unificazione del Regno d’Italia l’emissione di banconote era affidata a 5 banche – la Banca Nazionale degli Stati Sardi (BNS), la Banca Nazionale Toscana, la Banca Toscana di Credito, il Banco di Napoli e il Banco di Sicilia; a queste cui si aggiunse nel 1870 la Banca Romana. In detto periodo, comunque, lo Stato non ha mai rinunciato a disciplinare l’attività di emissione; la convertibilità è stata garantita solo in modo discontinuo.
Le predette banche svolsero attività di emissione di banconote sotto vari regimi monetari per circa tre decenni. Di regola, le banche erano tenute alla conversione delle banconote a tasso fisso; tuttavia, il regime di convertibilità venne a più riprese sospeso; nel 1893 ci fu la creazione della Banca d’Italia, nata dalla fusione della BNS e le banche toscane, mentre il monopolio fu raggiunto nel 1926.
La creazione della Banca d’Italia seguì un periodo tumultuoso, caratterizzato da gravi crisi economiche e finanziarie, culminate nel fallimento della Banca Romana.
All’epoca molti commentatori attribuirono il crollo del sistema alla “concorrenza” tra le banche di emissione, idea questa tuttora presente in molti studi. Tuttavia, il periodo che va dal 1861 fino alla creazione della Banca d’Italia vide profonde e frequenti interferenze da parte dello Stato nell’attività di emissione e nei rapporti tra le banche, interferenze che hanno alterato proprio quelle regole che avrebbero dovuto garantire il funzionamento del sistema.
Inoltre, nonostante le interferenze - e i privilegi accordati dallo Stato ad una di queste banche, la BNS - l’accettabilità dei biglietti delle banche minori non venne mai meno; al contrario, mano a mano che la BNS si espandeva nelle province del Regno si scontrava con il problema dell’accettabilità delle sue banconote presso il pubblico.
In conclusione, non si può ritenere che il crollo del sistema della pluralità degli istituti di emisione sia stato determinato dalle preferenze del pubblico; in realtà, fu dettato da esigenze e interessi esogeni rispetto alle scelte della collettività.
La prof. Giuseppina Gianfreda ha conseguito la laurea in Scienze Politiche presso l’Università La Sapienza di Roma e il dottorato di ricerca in Economia presso l’ Università Paris-Dauphine. Già funzionario presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, insegna Economia Politica presso l’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo. I suoi attuali campi di ricerca spaziano dal free banking a tematiche di law and economics. è autrice dei volumi “Pubblicità e teorie economiche” e “Institutions monétaires et stabilité de la monnaie”. Tra gli articoli più recenti: “Human resource management and productivity in the "Trust Game Corporation" (con L. Becchetti e N. Pace), “Market Access, Organic Farming and Productivity: the Effects of Fair Trade Affiliation on Thai Farmer Producer Groups” (con L. Becchetti e P. Conzo), “Regole, sospensione delle regole e aspettative: la pluralità delle banche di emissione all’indomani della nascita del Regno d’Italia”, “The Acceptability of Money with Multiple Notes Issuers: the Case of Italy (1861-1893) (con FabrizioMattesini), Labour Courts Inefficiency and Firms Productivity: Identifying the Impact of Real EPL in Italy (con Giovanna Vallanti).