Al 2° seminario della Scuola di Liberalismo “Ludwig von Mises” 2018, presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’ateneo Magna Graecia di Catanzaro, il prof. Gianfranco Fabi, dell’Università Carlo Cattaneo di Castellanza, editorialista del Sole 24 Ore e di Radio 24, ha trattato il tema: “Alessandro Manzoni e il liberalismo dei Promessi Sposi”.
Tutti conoscono Alessandro Manzoni come uomo di cultura, letterato, romanziere, poeta e linguista - ha innanzitutto evidenziato Sandro Scoppa, presidente della fondazione organizzatrice, nell’introdurre la trattazione. Non tutti sanno, però – anche perché nulla è scritto, al riguardo, sui libri di scuola – che egli era un convinto fautore dei diritti individuali e della libertà economica, condividendo le idee dei grandi economisti della scuola classica, quali, in particolare, Jean Baptiste Say, Adam Smith, David Ricardo, Pietro Verri.
Il suo pensiero politico ed economico è tuttora di grande attualità - ha ancora aggiunto l’avvocato Scoppa - poiché la descrizione di un’epoca – il seicento - in cui trionfano i soprusi, le connivenze, l’ipocrisia, il degrado socio-politico, ben si presta ad essere utilizzata anche per rappresentare la società contemporanea, che vede, da un lato, una classe politica autoreferenziale e non certo al servizio della società; dall’altro, i cittadini oppressi da una burocrazia pervasiva e piegati sotto il peso di una pressione fiscale giunta ormai a livelli drammatici.
È quindi intervenuto il prof. Gianfranco Fabi, il quale ha sottolineato come ne “I Promessi Sposi” Alessandro Manzoni unisce alla grande capacità di narrazione, una profonda conoscenza storica, una accurata scioltezza di linguaggio, una mirabile vivacità nel tratteggiare le diverse situazioni. Nel romanzo c’è anche una profonda lezione di economia, anche se essa viene trascurata nelle aule scolastiche, dove il grande romanzo è un passaggio obbligato. Esemplare al riguardo è il XII capitolo del capolavoro manzoniano, ove lo scrittore descrive le gravi vicende politico -economiche che affliggono la Milano del 1628, analizzando con grande acume le cause della carestia, da ricondursi non tanto o, comunque, non solo, alle calamità naturali, ma soprattutto alla responsabilità dei cattivi governanti che, impegnati nella futile guerra di successione del ducato di Mantova, opprimono i milanesi con tasse e imposte inique, riducendoli in condizione di povertà.
Manzoni – ha ancora rilevato il relatore - esprime quindi tutta la sua fiducia nel liberalismo e la sua forte critica verso chi pretende di vincolare la libertà degli scambi; mette sotto accusa una società di potenti e di notabili; esprime la sua condanna verso lo statalismo e insieme verso l’irrazionalità pericolosa del populismo.